La caduta e il rimbalzo dell’industria del Taxi durante il lockdown nel COVID 19La lezione del caso Shenzen, Cina.Hongyu Zheng, Kenan Zhang, Marco Nie,Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Northwestern University, 2145 Sheridan Road, Evanston, IL 60208, Stati Uniti d’AmericaLINK ALLO STUDIO: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3674241
Traduzione, sintesi e considerazioni UFFICIO STUDI URITAXI, a cura di Ivo Speziali. Luglio 2021.SINTESI DELLO STUDIOLo studio in esame ripercorre il crollo dell’industria del Taxi durante il lockdown avvenuto in Cina a Shenzen in seguito alla pandemia Covid-19 ed il successivo rimbalzo economico. Shenzen è una tipica metropoli della Cina sud-orientale a ridosso di Hong Kong con una popolazione di circa tredici milioni di persone. Si tratta di una grande città high-tech che si muove alla velocità della luce tra le grosse aziende che la animano e la vocazione turistica che la contraddistingue.
Questo è il primo scritto che cerca di analizzare in profondità gli effetti delle politiche di chiusura durante la pandemia e la città campione risulta emblematica: dal 2010 applica un monitoraggio costante della flotta taxi attraverso sofisticati sistemi GPS, consentendo la raccolta di dati precisi ed affidabili che registrano i viaggi in relazione alla targa del veicolo, la durata delle spostamento e la velocità con tutte le relative caratteristiche.Il set di dati copre il primo trimestre del 2020, comprendendo il periodo di lockdown e l’inizio della riapertura graduale della città. L’introduzione ci illustra chiaramente che la domanda del servizio taxi si è ridotta dell’85% e si è malapena ripresa durante l’allentamento delle restrizioni.Si premette che l’impatto della pandemia è stato devastante non solo in Cina, ma anche a livello mondiale dove il servizio di trasporto di persone ha registrato cali fino all’80%. Inoltre anche dove vi è stata una ripresa più importante, si tratta comunque di livelli inferiori almeno del 40% rispetto all’epoca pre- pandemica.
Viene precisato che i risultati vanno letti sempre tenendo presente che le regole restrittive imposte sul trasporto pubblico di persone hanno influito molto sulle modalità lavorative dei tassisti (vedi distanze e capienza dei mezzi); senza dimenticare che gli inviti a muoversi lo stretto necessario hanno configurato molte barriere psicologiche nell’utenza.Nello studio si analizza anche l’impatto dei sussidi economici. Un tassista di Shenzen per raggiungere una sorta di “pareggio di bilancio” personale dovrebbe effettuare circa 450 corse al mese considerando delle spese fisse di 9000 ¥. Il complesso delle sovvenzioni è piuttosto articolato tra gli aiuti del Governo centrale, un contributo delle cooperative ed alcune forme di supporto locale, ma comunque insufficiente. Molto interessante ma diametralmente differente e difficilmente rapportabile a noi è un incentivo giornaliero volto ad invogliare il tassista ad uscire ed a svolgere il turno, basato sempre sul controllo GPS.
L’analisi mostra chiaramente che anche dopo le riaperture in fase di risalita, il livello è rimasto al 55% sotto il normale, e che a riprendersi in maniera più rapida sono stati i viaggi dalla periferia piuttosto che dal centro.Se il flusso di traffico complessivo nella città ha mostrato evidente aumento, gli spostamenti dei taxi non sono stati altrettanto numerosi, evidenziando che non c’è stata correlazione tra traffico e aumento lavorativo per i tassisti. Inoltre i drivers hanno modificato le loro abitudini lavorative, diminuendo il loro orario di lavoro o concentrando i loro sforzi esclusivamente nelle ore di punta. I segnali di rimbalzo economico sono comparsi in contemporanea agli incentivi e sussidi forniti dal Governo, che hanno consentito di affrontare diversamente la giornata lavorativa ai tassisti di Shenzen, ma non senza problemi. Infatti il sopracitato sussidio giornaliero ha generato una incredibile sproporzione tra offerta e domanda soprattutto in alcuni orari della giornata.Tutto ciò, richiede uno sforzo concertato che va dalla mitigazione dei rischi di infezione per riprogettare i sistemi esistenti relativi al problema della sicurezza dei viaggiatori diffidenti. Lo studio quindi reputa fondamentale la risposta umana delle società alla pandemia, che infligge danni sia all’offerta che alla domanda di vari servizi di trasporto.
I risultati empirici suggeriscono perciò che:- incentivi volti all’aumento dell’offerta dovrebbero essere mirati in modo più preciso dove è più necessario;- le condizioni del mercato dei taxi dovrebbero essere attentamente monitorate per sostenere e adeguare le politiche;- quando la domanda è gravemente depressa da ordini di blocco o quando il mercato è in eccesso di offerta, i tassisti dovrebbero essere aiutati tramite sistemi di invio di chiamate più centralizzati.
CONSIDERAZIONI GENERALI IN OTTICA NAZIONALE
Senza esserci dilungati troppo nell’illustrare alcuni passaggi alquanto tecnici presenti nel paper, abbiamo cercato di riportare gli aspetti salienti che possono essere letti con interesse anche alla luce della nostra attuale esperienza. Si nota subito che determinati effetti delle politiche di chiusura sono del tutto simili a ciò che abbiamo vissuto e viviamo oggi qui in Italia.Pensiamo al cambiamento di modalità lavorativa del tassista: in molti, in special modo all’inizio della pandemia, hanno deciso individualmente di non lavorare o di ridurre le ore di servizio. La scelta ovviamente è derivata da considerazioni personali sui rischi a livello di salute: non uscire ha significato limitare le possibilità di entrare in contatto col virus. Ridurre le ore invece, ha rappresentato sia una sorta di placebo mentale per chi credeva di diminuire le chances di contrarre la malattia, sia una diretta risposta all’assenza totale di domanda del servizio (una volta verificata sul campo la scarsità di richiesta, il tassista interrompe il turno).
Ovviamente nel periodo di lockdown totale, allo stesso modo del caso cinese, si è verificata una sproporzione abissale tra domanda e offerta, generando un eccesso di vetture in turno, nonostante in varie città sia stata applicata una riduzione di organico.Le percentuali del “crollo” cinese sono assommabili a quelle italiane, con picchi nel nostro caso, addirittura superiori.Fondamentale, si potrebbe dire a livello universale, è l’incidenza delle varie barriere che il servizio taxi ha incontrato. Barriere psicologiche: l’utenza è diffidente e poco incline a muoversi in un contesto di salute rischioso e quindi diminuisce gli spostamenti. Barriere oggettive: limiti di legge imposti che non consentono a più clienti di salire sullo stesso taxi in assenza del necessario distanziamento. Ad oggi, soprattutto l’ultimo tema è fondamentale, poiché limita fortemente le possibilità lavorative e impone al cliente di richiedere una vettura più spaziosa (non sempre disponibile) o di utilizzare due o più taxi, raddoppiando la spesa. Sulle barriere psicologiche è quasi impossibile intervenire poiché dipendenti per lo più da variabili esterne, tranne per ciò che concerne la sanificazione delle vetture, che può predisporre l’utente ad un utilizzo più sereno del taxi. Sulle barriere oggettive invece è possibile un intervento da parte degli organismi competenti, che possono valutare la riconsiderazione di taluni aspetti per agevolare il lavoro dei tassisti.Due sono poi gli aspetti che riteniamo più interessanti: la dinamica del traffico e gli incentivi.È piuttosto singolare notare che il comportamento del traffico è del tutto rapportabile a quanto accaduto in alcuni grandi centri italiani. Con l’allentamento delle misure restrittive il traffico è cresciuto facendo quasi pensare ad un ritorno alla normalità. Eppure per il servizio taxi non c’è stata assolutamente proporzionalità diretta con un aumento di lavoro. L’esperienza empirica ha mostrato che molti cittadini hanno privilegiato l’uso del mezzo personale al fine di evitare l’affollamento dei mezzi pubblici (bus, tram e metropolitana) dove è difficile ottenere un contingentamento di persone. Inoltre non dimentichiamo che l’utenza taxi “business”, fondamentale per l’industria del taxi, è stata decimata dallo smart-working, e la voce “turismo” non è mai logicamente pervenuta. In sostanza appare piuttosto semplice comprendere che aumento generico del traffico e utilizzo del taxi sarebbero correlabili solo ad un’analisi molto superficiale ed inesatta.
In più come nel caso Shenzen, a riprendersi prima sono stati senza dubbio i viaggi dalla periferia, complice la desertificazione dei centri storici, privi di lavoratori e turisti.Sugli incentivi, notiamo altrettante simili ed intriganti corrispondenze. Come nel caso esaminato, anche qui si è provveduto ad erogare sostegni diretti al lavoratore, atti a far fronte al periodo di crisi. Se ciò ha dato qualche risultato in termini psicologici, consentendo di affrontare in maniera sensibilmente diversa la carenza di domanda, all’atto pratico molto si è rivelato insufficiente. Le spese di gestione del tassista sono piuttosto onerose ed i contributi forniti non hanno ammortizzato a sufficienza le difficoltà. La situazione personale di ogni tassista inoltre è differente, tra chi è proprietario di licenza e chi è affittuario, tra chi ha effettuato acquisto di un nuovo mezzo e chi ha dovuto sostenere ingenti spese di manutenzione, non si è stati in grado di soddisfare in maniera congrua tutta la platea eterogenea, generando anche diffuso malcontento.
Possiamo affermare che nonostante gli apprezzabili sforzi comunque compiuti, è assolutamente necessario, come afferma il paper con molta enfasi, provvedere a formulare politiche molto più mirate, specifiche e meno generiche, che siano valutate attraverso monitoraggio e confronto con le parti interessate.Ultimo ma doveroso cenno è da fare su quelle che vengono definite “modalità di dispacciamento per le chiamate”. I tassisti di Shenzen, che fruiscono anche di app e-hailing delle multinazionali, hanno ridotto l’utilizzo di queste piattaforme per via del sistema strangolatorio delle commissioni. Quindi lo studio stesso suggerisce modalità di dispacciamento centralizzate pubbliche. Si ribadisce quindi l’inadeguatezza degli intermediari votati al solo profitto, rendendo necessario un ritorno al “pubblico” garantito che tuteli tassisti e utenza sotto tutti i profili.In conclusione, potremmo dire “tutto il mondo è paese”. Con le dovute differenze e distinzioni, i tassisti di tutto il mondo si sono trovati di fronte a sfide che mai si sarebbero potute immaginare, con effetti e conseguenze comuni che possono e devono essere analizzate e sfruttate al fine di garantire soluzioni di pronto utilizzo in questo contesto ormai sempre più globalizzato.