Si sono presentati come clienti. E nel giro di neanche mezz’ora si sono trasformati in rapinatori privi di scrupoli nel picchiare e derubare il tassista che li aveva prelevati in piazza della Stazione.
Prima di fuggire lo hanno incappucciato. Botte e minacce di morte, con un coltello puntato alla gola, quelle ricevute da Franco Tinagli, 65 anni, di Ghezzano, a cui quattro giovani, tre uomini e una donna, italiani, hanno portato via portafogli con carte di credito, cellulare, circa 700 euro in contanti e, soprattutto, la Ford Focus station wagon comprata dal tassista circa tre mesi fa (ritrovata alle 15 di ieri). In taxi alla stazione. Sono passate da poco le 3 di ieri mattina quando alla stazione quattro giovani salgono sulla Focus di Tinagli.
Tre si sistemano sui sedili posteriori, con la donna al centro, e il quarto del gruppo accanto al conducente. In mano ha un casco. Gli amici dicono al tassista che il tipo ha bevuto e non se la sente di tornare a casa in moto. Chiedono il prezzo della corsa per andare ad Asciano e Tinagli parte per la destinazione. Durante il percorso i ragazzi parlano del più e del meno. L’accento è locale. Arrivato nella frazione, il tassista chiede indicazioni più precise. E le ottiene. Un elemento che con il senno di poi fa supporre che il gruppo fosse della zona o conoscesse bene quei posti.
A un certo punto, dopo aver svoltato a sinistra dopo un bivio, si ritrovano in una strada chiusa sbarrata da un cancello. Uno della banda cambia il programma: «Andiamo a Calci». Un altro amico scende dell’auto e aiuta Tinagli nelle manovra per uscire dal vicolo cieco. Poi risale e ripartono verso Calci. Quando il taxi arriva alla Gabella le indicazioni della comitiva portano la Ford Focus verso Castelmaggiore. Una volta giunti ad almeno un paio di chilometri sopra Calci, in un parcheggio vicino a una chiesetta in via Nuova, i presunti clienti rivelano le proprie intenzioni. L’aggressione.
Tinagli non fa in tempo ad aprire bocca e a indicare con la mano il tassametro che il passeggero che gli siede accanto lo colpisce al volto con il casco. Una mossa fulminea che procura al tassista una ferita al sopracciglio destro suturata poi con cinque punti. L’aggressore ripete il gesto e questa volta Tinagli para il colpo alzando le braccia. Nella colluttazione l’orologio va a pezzi (è stato ritrovato nel piazzale, ndr ) ma il casco raggiunge lo stesso lo zigomo destro. È l’inizio di un calvario proseguito con l’ingresso in scena di un secondo rapinatore. Quello che sta dietro il sedile del conducente. Tinagli viene afferrato al collo con il braccio sinistro e immobilizzato al poggiatesta.
Nella mano destra il bandito impugna una lama la cui punta preme sulla gola del tassista. «Non reagire e non ti succederà niente» è la minaccia dei rapinatori. Il tassista è sotto choc: «Ragazzi, prendetevi quello che volete, ma lasciatemi andare, ho una famiglia da mantenere». Il dialogo tra gli aguzzini e la loro vittima va avanti: «Dacci tutto quello che hai e non ti faremo del male». La rapina. Tinagli viene fatto scendere. Continuano a puntargli il coltello al collo, ma gli intimano di tenere la testa bassa.
Sparisce il cellulare, gli prendono il portafogli e si accorgono che ha alcune carte di credito e il bancomat. Vogliono il pin per prelevare soldi. «Ero frastornato e non ho dato subito i numeri – spiega il tassista -. Allora hanno continuato a minacciarmi. Ho dato il pin della carta che uso con più frequenza. Non gli bastava. Lo volevano di tutte. Sono stato costretto a dargli il foglietto che tenevo nel portafogli». L’ennesima minaccia prima della fuga: «Noi andiamo a prelevare. Se i numeri sono sbagliati torniamo e ti ammazziamo. Uno di noi resterà qui con il coltello». Incappucciato. Uno della gang propone di legare Tinagli con una corda.
Ma nel bagagliaio non viene trovata. Allora ripiegano su un incappucciamento di fortuna. Prendono la pettorina catarifrangente gialla, da indossare in caso di incidenti stradali quando si deve scendere dall’auto, e gliela legano in testa. L’auto se ne va. Sullo sterrato non si sentono passi. «Ho aspettato un minuto, un minuto e mezzo e poi ho fatto un paio di domande – racconta il tassista -. Non ho ricevuto risposta e allora ho scostato la pettorina dagli occhi. Ero rimasto solo». L’allarme.
Il rapinato percorre, sotto la pioggia, almeno due chilometri prima di arrivare alla caserma dei carabinieri. Suona, ma non risponde nessuno.
A circa 500 metri abita un nipote. Si attacca al campanello e gli racconta quello che è successo. Sono circa le 3,40. Il servizio di radiotaxi risulta disattivato e l’auto non può essere localizzata. È la fine di un incubo con la chiamata al 113 per il padre di famiglia in balìa di quelli che per la polizia sono quattro balordi con i giorni contati.
Fonte: il Tirreno
Ultima modifica: 23 Luglio 2014