Il punto lampante di come sta cambiando la mobilità cittadina è uno: i due servizi, taxi e noleggio con conducente, sono ormai convergenti. È stata la tecnologia ad avvicinare gli ambiti. Gli smartphone, ovviamente, e l’iperconnessione in mobilità dei cittadini.
Così come, per esempio nel caso dei primi, l’innovazione aveva già di molto staccato le (ex) auto gialle dai posteggi pubblici per farle circolare più virtuosamente tramite radiotaxi e, più di recente, app di geolocalizzazione.
“Un Ncc e un tassista, all’atto pratico, sono oggi molto più simili di quanto non fossero venti anni fa – scrive Diego Menegon, ricercatore ed economista dell’Istituto Bruno Leoni, in un paper in cui delinea una serie di soluzioni – ciò non solo perché la scarsità dei secondi conduce spesso il cliente a prenotarli in anticipo, ma anche perché lo sviluppo tecnologico ha consentito ai primi di essere più facilmente raggiungibili. Di conseguenza, essi oggi si trovano in concorrenza l’uno con l’altro per soddisfare un segmento importante del mercato”.
Dalla rivolta dei tassisti londinesi – e alla fine la prima aperturadell’autorità cittadina dei trasporti – fino alle proteste, proprio ieri, dei colleghi di Seul, Uber non ha dunque fatto altro che mettere meglio e più in profondità in dito nella piaga di questa contraddizione sbocciata negli ultimi anni. Cioè la necessità di chiedersi “se esista ancora quella distinzione tra taxi come attività ‘di pubblico interesse’ o comunque come settore sottoposto a ‘oneri di servizio pubblico volti a garantire un livello minimo di servizio’ e servizio di Ncc come attività di impresa”.
Secondo Menegon la risposta è evidentemente negativa. Stando allo studio, diverse sono le strade per superare l’impasse. Riguardano, in particolare, l’abolizione di quelli che l’Antitrust ha ormai da anni individuato come “elementi di discriminazione competitiva tra taxi e Ncc in una prospettiva di piena sostituibilità dei due servizi”. Insomma, protrarre il testa a testa è inutile: l’orizzonte non può che vedere un’integrazione fra i due servizi (nonostante a livello legislativo sia al momento impossibile) e con quelli di car pooling e ride sharing alla Blablacar o Car2Go. Per non parlare di UberPop.
Il tema è non tanto modificare la regolamentazione del sistema dei taxi quanto svecchiare quella del noleggio con conducente. Come? Per esempio, ricorda Menegon, abrogando l’obbligo di ricezione della prenotazione di trasporto nella rimessa, l’obbligo di averesede o rimessa nel territorio del comune che ha rilasciato l’autorizzazione (art. 3, c. 3, e 8, c. 3, l. 21/1992) e l’obbligo dipartenza e rientro presso la rimessa (art. 11, c. 4, l. 21/1992). Questi i tre punti chiave.
Eliminando dunque un intreccio burocratico che fu per altro rinsaldato non molti anni fa, dalla legge 14 del 2009 – salvo essere poi salvificamente ma parzialmente sospeso poco tempo dopo – “proprio quando l’innovazione tecnologica consentiva al servizio– continua il documento dell’Istituto Leoni – di integrarsi con quello di taxi a evidente beneficio di una ‘domanda elevata e ampiamente insoddisfatta, soprattutto nelle aree metropolitane, di regola caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione’”.
Il fatto più importante, però, è che l’utenza sta già disegnando il nuovo panorama: “Porre restrizioni all’uso delle applicazioni per smartphone che si stanno affermando significa, quindi, negare a molti consumatori la soluzione tecnologica che già mostrano di preferire e alla totalità degli utenti la libertà di scelta, senza peraltro garantire una maggiore clientela ai tassisti” scrive Menegon. Sì, perché la seconda scelta degli utenti non è il taxi: è, semmai, l’auto privata. Con tutte le conseguenze del caso in termini di traffico e ambientali.
Altra soluzione sarebbe un albo unico delle auto pubbliche. Un po’ sulla falsa riga di quanto accaduto in Irlanda. E, in conclusione, le strade sembrano due: “Una, più breve, che consentirebbe, attraverso la rimozione di alcuni limiti di servizio agli Ncc di aprire ad una maggiore concorrenza il settore del trasporto pubblico non di linea, come da anni chiede l’Antitrust, sulla base del mancato pieno soddisfacimento della domanda” chiude Marangon.
L’altra, invece “più sistematica, che rimuoverebbe definitivamente, attraverso un sistema unico nazionale e aperto di licenze, il contingentamento dell’offerta, senza per ciò solo compromettere il rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi per la circolazione delle auto pubbliche”.
Fonte: wired portal
Ultima modifica: 28 Luglio 2014