Torino è ostaggio in queste ore della protesta contro Uber e contro la sentenza del Giudice di Pace favorevole all’attività della società californiana. Lanci di sassi ed esplosioni di bombe carta che ricordano quelle risalenti al Wired Next Fest della scorsa primavera. Milano ha ancora negli occhi l’orrendo attacco a Benedetta Arese Lucini, responsabile dell’applicazione per chiamare auto con conducente in Italia. E il presidente dell’Unione Radiotaxi d’Italia Loreno Bittarelli dà (finalmente) l’unica risposta che andava data da quando è iniziato il braccio di ferro fra i tassisti e Uber: quella tecnologica.
“Crediamo molto nell’innovazione. Nei prossimi mesi arruoleremo una task force di sviluppatori per potenziare la nostra applicazione”, dichiara a Wired.it, interrogato sulle reazioni della categoria all’arrivo di Uber in Italia, risalente a due anni fa. Come abbiamo raccontato passo dopo passo, le proteste più o meno violente sono state più solerti e organizzate dello sviluppo di soluzioni alternative e in grado di concorrere su strada con l’app finanziata da Google. Adesso It Taxi, l’app di Uri rilanciata lo scorso settembre, sembra in procinto di diventare davvero competitiva: “Raggiunge già più di 10mila taxi in tutta Italia ed è stata scaricata da più di 100mila persone in pochi mesi”, afferma Bittarelli. Numeri a parte, è la spinta sulle ultime novità a fare ben sperare: “Stiamo preparando i pagamenti con gli smartwatch e abbiamo stretto accordi con Braintree di Paypal per le transazioni con carta e in Bitcoin”.
E ancora, in cantiere c’è un accordo con partner internazionali per raggiungere con la “stessa iconcina 160mila vetture in 3 continenti”. Mossa, quest’ultima, importante: al momento Uber più che fare reale concorrenza ai tassisti sul mercato nazionale si rivela particolarmente utile per gli stranieri già abituati a utilizzare l’app in patria o in altre zone, soprattutto in un Paese come il nostro così legato al denaro contante e ancora restio a comunicare i dati della propria carta di credito a una società relativamente nuova. Aspetto che, fra l’altro, rende ancora più assurda la reiterata accusa a Uber di aver messo in ginocchio il settore. Guardare anche oltre i confini nazionali potrebbe quindi rivelarsi determinante per l’app.
A proposito dei pagamenti e della predilezione del contante anche da parte dei tassisti, Bittarelli smette i panni di presidente di Uri e veste quelli di presidente della Cooperativa Radiotaxi 3750 di Roma: “Siamo più di 3mila vetture, tutte dotate di POS di nuova generazione e in grado di accettare anche pagamenti NFC”. Stuzzicato sulla possibilità che i tassisti decidano comunque di non usarlo, fa notare come “i POS siano tutti collegati al sistema di controllo della centrale e gli autisti non possono dire che è rotto o ha la batteria scarica. La categoria è molto maturata da quando le condizioni con le banche sono più favorevoli”. A sentirlo parlare, sembra insomma che due anni di Uber stiano iniziando a dare il loro frutti, non solo dal punto di vista delle proteste.
Nel dissociarsi in modo categorico da quanto accaduto a Milano nei confronti di Arese Lucini, che ha fra l’altro sempre ribadito la positività della nascita di un mercato ispirato dall’arrivo della soluzione americana, e nel condannare il gesto compiuto, ribadisce però “la necessità di operare nella legalità per tutti gli attori del settore. Le istituzioni devono intervenire perché la categoria è esasperata. 35mila persone vedono minacciato il proprio lavoro dall’abusivismo”, afferma citando “l’acquisto della licenza, l’obbligo di revisione annuale, le assicurazioni con i massimali doppi e gli altri obblighi economici che blindano l’attività dei tassisti”. Ben venga l’innovazione, quindi, ma la richiesta di un intervento da parte delle istituzioni rimane.
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Ultima modifica: 18 Febbraio 2015