Uber non ci sta e parte all’attacco. La società statunitense ha presentato reclamo contro la sospensiva del tribunale di Milano che con l’ordinanza del 25 maggio scorso aveva bloccato in via cautelare l’applicazione Uber pop su tutto il territorio nazionale.
Le indicazioni dell’Authority
A muovere i legali di Uber sarebbe stato il parere dell’ Autorità dei trasporti dello scorso 4 giugno che aveva invitato il legislatore a regolamentare la materia e che costituirebbe un fatto nuovo sopravvenuto, in grado di riaprire la partita. La questione, però, resta delicata perché in attesa di un intervento normativo, a decidere sarà un nuovo giudice al quale spetterà stabilire se la piattaforma digitale sia un servizio in grado di fare concorrenza sleale ai taxi ordinari o se invece possa ripartire. Intanto, la questione si sposta anche su un altro fronte, quello amministrativo davanti ai giudici di pace, chiamati a pronunciarsi sulla legittimità dei verbali irrogati agli autisti. Le infrazioni contestate riguardano soprattutto la violazione dell’articolo 86 del Codice della strada che prevede, oltre a una sanzione pecuniaria, la sospensione della patente e la confisca dei veicoli – diversi dai taxi – adibiti al trasporto delle persone. La legge n. 21 del 1992 disciplina i servizi di noleggio auto con conducente, ma non regolamenta i contratti tra privati che si perfezionano attraverso social network o applicazioni in grado di mettere direttamente in contatto i conducenti e i passeggeri.
Incertezza in giudizio
Dopo i giudici di pace di Torino e di Genova che hanno annullato i verbali irrogati agli autisti registrati a Uber pop, ritenendo che, in assenza di una regolamentazione del servizio, questo dovesse essere considerato un contratto atipico tra privati, non assimilabile a un servizio di trasporto pubblico, la questione è arrivata anche davanti ai giudici di pace di Milano. Per ora le pronunce non contribuiscono a fare chiarezza. Alcune sentenze ritengono i ricorsi inammissibili in tutti i casi in cui non sia stata irrogata anche una sanzione pecuniaria, evitando così di pronunciarsi nel merito; altre confermano le infrazioni contestate, mentre un ultimo orientamento ha annullato i verbali per carenza dell’elemento soggettivo, perché i conducenti di Uber pop – in assenza di una disciplina di settore – non avrebbero la consapevolezza di violare le norme del Codice della strada. Ma i ricorsi pendenti sono ancora numerosi e le prossime sentenze sono previste già per il mese di luglio. Alla luce dei precedenti appare difficile azzardare previsioni sul futuro di tutti i servizi di car sharing o ride sharing, tra i quali rientra anche “bla bla car”. Qui, però, non è unicamente il passeggero a scegliere il tragitto, ma quest’ultimo deve adeguarsi al percorso indicato dal driver. Su questo passaggio, sottolineato anche dall’ordinanza del tribunale di Milano, potrebbero concentrarsi le future pronunce dei giudici di pace nonché la sopravvivenza stessa delle applicazioni. Nell’incertezza, la questione potrebbe essere rimessa a breve – sotto forma di quesito consultivo – direttamente al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti cui i Giudici di pace di Milano hanno già annunciato di volersi rivolgere. Da non sottovalutare neppure un possibile intervento della Corte di giustizia europea.
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Ultima modifica: 9 Giugno 2015