La resistenza dei tassisti italiani è la resistenza democratica del lavoro contro la finanza predatrice, attraverso le sue multinazionali, i suoi media, i suoi corrotti cantori. Questi, tra aneddotica, ignoranza e falsità mirano a ripetere lo schema attuato per ogni altro settore: trasferimento di un servizio (in questo caso addirittura pubblico) a gestione diffusa tra tanti lavoratori artigiani (art 45 Cost. 2º co.) organizzati con le loro cooperative (art. 45 Cost. 1º co.) e tecnologie proprietarie, a poche big corporation che controllino lavoratori e consumatori attraverso caporalato e monopolio tecnologico.
La forza dei tassisti deriva dalla consapevolezza di fondo in merito a questo scontro in atto, unita ad un ovvio istinto di sopravvivenza, per il lavoro, per gli investimenti fatti. Ma se fosse solo quest’ultima a determinare l’azione di un gruppo organizzato, perché i commercianti stessi si fecero fregare, come tutti oramai han capito, dagli oligarchi (mega catene commerciali) a cui le liberalizzazioni Bersani aprirono le porte? Perché questi, appunto e differentemente dai tassisti, non avevano capito lo scontro in atto, il significato democratico, esistenziale, civile, della resistenza che avrebbero dovuto mettere in campo. Noi tassisti italiani, invece, questa consapevolezza l’abbiamo! E se mi consentite, alla costruzione di questa consapevolezza un piccolo ruolo l’ho giocato anch’io fin dall’oramai lontano 2007 quando, non ancora tassista, pubblicai l’articolo “Taxi: i giochini di BankItalia, dell’Ansa e Rutelli per creare un monopolio privato” (https://archive.movisol.org/07news068.htm), che mi portò ad esser convocato dalle rappresentanze taxi italiane a Roma per spiegare questa mia analisi. Parte degli organizzatori di quell’incontro sono ancor oggi compagni di viaggio, altri son passati a miglior vita, con altri abbiam diviso le strade. Quel titolo e quell’analisi potevano apparire nel 2007, quando le app ancora non esistevano, frutto di esagerato allarmismo a chi non guardasse al sovra-processo ma al solo settore del tpl; oggi, con Uber che senza alcuno scandalo del complesso culturale (media, opinionisti, professoroni) dichiara di mirare ad avere sotto di sè tutti i taxi del mondo entro il 2025, chi potrebbe dubitare della giustezza di quella analisi?
L’insistenza dei nuovi barbari (finanziari) e dei loro leccapiedi, deriva dal mero interesse economico e predatorio, che spesso è un interesse che muove tante leve della società, ma anche da una consapevolezza: il modello taxi italiano è un modello pericoloso per lo status quo delle élite, degli oligarchi, per l’esempio (costituzionale) che potrebbe rappresentare per tanti altri settori. Esso è una minaccia al modello della globalizzazione finanziaria oligarchica, speculativa, neo-feudale ed anti-democratica, che come un blob è avanzato in Occidente nell’era post-Bretton Woods, dal ‘71 in poi.
I propagandisti degli oligarchi (giornalisti, opinionisti e docenti corrotti o ignoranti) sostengono che i tassisti non vogliano la concorrenza. Quasi 40.000 tassisti, tra titolari di licenza, collaboratori familiari, seconde guide, sostituti, sono ontologicamente “concorrenza”. La verità è che essi non vogliono regole differenti e di favore (tariffa libera che loro non hanno, prestazione libera che loro non hanno, libertà territoriale e di turno che loro non hanno, ecc.), per coloro che fanno lo stesso loro lavoro, ossia prelievo su piazza rivolto a clientela generica e indifferenziata. Non lo vogliono perché ciò non si chiama concorrenza, ma concorrenza sleale! E non lo vogliono, proprio come i ristoratori, i commercianti, i liberi professionisti, i fornitori di servizi, le multinazionali, ecc. non vogliono che qualcuno faccia la loro stessa attività con regole differenti!
I propagandisti degli oligarchi dicono poi che i tassisti non vogliono l’innovazione tecnologica. Altra menzogna, altra boutade! I tassisti, tanto più quelli italiani, sono naturaliter innovatori dai tempi dei tempi. Il radiotaxi è un’infrastruttura di interesse pubblico fornita gratuitamente dai tassisti italiani da oltre cinquant’anni, in sostituzione delle antiquate e pubbliche (cioè finanziate dalla contribuzione generale) colonnine di chiamata taxi ai posteggi. Il radiotaxi a frequenza VHF, è divenuto poi un sistema digitale GPRS, raggiungibile progressivamente dalla clientela non soltanto attraverso la chiamata telefonica vocale, ma anche attraverso messaggistica sms, poi attraverso altri strumenti come Skype, Whatsapp, Telegram, e già dal 2012, ben prima dunque dello sbarco delle multinazionali in Italia, attraverso app. E quelle dei tassisti italiani non hanno niente da invidiare a quelle delle multinazionali, anzi! Per esempio Taxi Move, la app che rappresento in Italia, è un prodotto tecnologico di grandissima soddisfazione per la clientela, che ad Uber ha solo da invidiare la mole enorme di capitali che Vanguard, BalckRock, Morgan Stanley, State Street, JP Morgan (ossia i più grandi colossi finanziari del pianeta), ci han messo senza ancora un ritorno di utili dal 2009 (!). In Taxi Move, invece di pochi colossali fondi di investimento, i proprietari sono i tassisti-lavoratori attraverso le loro cooperative radiotaxi, secondo un principio di iper-democraticità sociale: ogni cooperativa o consorzio partecipa secondo il principio dell’uno vale uno (grande e piccolo valgono uguale), ma con una contribuzione di capitale legata al numero dei tassisti della cooperativa o consorzio. Perché il fine di fornire uno strumento di chiamata all’utenza, si regge attraverso la tutela della proprietà del mezzo tecnologico da parte del tassista-lavoratore. Di fatto, l’applicazione del principio presente in Costituzione della partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale (art. 46 Cost.). Ecco la vera minaccia paradigmatica per gli oligarchi (di cui vi accennavo sopra) che tutto posseggono senza che i cantori mediatici e troppa parte della politica, denunci la vergogna per cui le nostre democrazie sono state trasformate in oligarchie de facto! Per il grande Franklin Delano Roosevelt questa è la vera essenza del fascismo! Chi applica il principio dell’art. 46 Cost. nell’attuale sistema economico italiano? Nessuno o rarissime eccezioni! E questi venduti, giornalisti, opinionisti, professoroni, rei di fatto di quotidiano attentato alla Costituzione, propugnano il modello delle multinazionali in mano a pochi oligarchi globali, invece che difendere con unghie e denti l’esempio rappresentato dal sistema taxi italiano!
Continuiamo la battaglia, con coraggio e infaticabile determinazione, perché in gioco non vi è solo il lavoro, ma l’anima stessa!
Claudio Giudici
Ultima modifica: 26 Luglio 2024