La voce che racconta tradisce ancora la rabbia e la paura. Un tassista, un pedone, una precedenza mancata, una calcione assestato alla portiera della macchina. Parole grosse e poi la minaccia più atroce: «Vuoi morire anche tu?», e il riferimento alla fine di Alfredo Famoso è fin troppo evidente.
Alfredo, 68 anni: il suo cuore rimasto attaccato a una macchina per 48 ore ha smesso di battere martedì all’ospedale Niguarda. Aveva ricevuto in faccia una confezione di acqua minerale, epilogo di una baruffa in strada. Oggi il giudice deciderà se convalidare il fermo all’uomo accusato di quell’aggressione, Davide Guglielmo Righi.
E quello che è accaduto ieri pomeriggio, a tre giorni di distanza dalla tragedia, è il segno che il clima, nella metropoli con 5mila auto bianche, è teso o forse addirittura esasperato. Siamo in piazza Napoli, questa volta, ma il contesto è così simile a quello del dramma di via Morgagni che il tassista Marco Nicolucci, protagonista suo malgrado di questa brutta avventura, non trattiene l’emozione. Si sfoga e si commuove, anche. «Perché la situazione, è evidente, sta sfuggendo di mano. E allora io, se potessi, questo lavoro lo lascerei. Ma non posso, e devo ringraziare il cielo di averlo…».
Piazza Napoli, siamo alla rotonda che sta proprio in fondo a via Washington. Alle 15 e 40 minuti di ieri il tassista della cooperativa 69.69, Nicolucci detto Nicolo, 50 anni e 13 di professione alle spalle, riceve una chiamata per un cliente in piazza De Agostini. Fa inversione, si mette in direzione di marcia e arriva all’altezza di un attraversamento pedonale sulla rotonda. «Ho visto questo ragazzo che parlava al cellulare, avrà avuto trent’anni sì e no. Era proprio all’inizio delle strisce e mi sono fatto due conti: io andavo piano, ma potevo comunque passare senza costringerlo a fermarsi. Insomma, non c’era alcun rischio…». Lui però la prende male: la mancata precedenza lo fa innervosire.
Troppo, decisamente. «Sì, perché a un certo punto ho sentito un calcio contro la portiera della macchina. Mi sono spaventato, mi sono preoccupato. Allora ho fermato l’auto e sono sceso». E solo a quel punto gli è passata davanti agli occhi l’immagine della faccia di Alfredo e tutto il dolore, la rabbia di queste ore. «Ero sconvolto, riuscivo a vedere la scena e a vedere me stesso, lì in mezzo, da fuori. Quel ragazzo mi guardava spavaldo e io gli ho detto: “Ma sei impazzito? Cosa fai? È morto un uomo tre giorni fa…”». La reazione del pedone è incredibile: «Mette via il cellulare, mi punta il viso negli occhi e mi fa: “E voi imparate a dare la precedenza. O vuoi morire anche tu oggi?”. Niente: a quel punto mi rimetto in macchina e me ne vado. Cosa potevo fare? Però ho sentito dentro una sensazione tremenda…
È difficile da spiegare, ma per tutti noi tassisti questi sono giorni difficili, amari». Nicolucci rimette in moto, un cliente del radio-taxi lo aspetta. Però intanto chiama il suo delegato sindacale di Unica Taxi Cgil, Giovanni Maggiolo. Racconta la disavventura e ripensa ad Alfredo. «Lo conoscevo eccome. Mi ricordo il suo sorriso, e non ci posso ancora credere che sia finito così». Una morte bianca. «Una morte senza alcun senso».
Fonte: il giorno
Ultima modifica: 2 Marzo 2014