«Hello, taxi?». La domanda sussurrata all’orecchio del turista straniero viene ripetuta con insistenza: una,due, tre volte. All’interno del terminal 3 degli arrivi internazionali dell’aeroporto di Fiumicino, a pochi passi
dal luogo dell’aggressione di Marco Venturini, il 42enne tassista romano ferito al volto mercoledì scorso, è
un continuo proliferare di abusivi. Sono quattro, cinque e nelle ore di maggior traffico di passeggeri arrivano
anche ad essere dieci. «Uno spettacolo indecoroso – commenta una viaggiatrice appena sbarcata al
Leonardo da Vinci – ecco siamo arrivati a Roma». Il cliente viene fiutato da lontano. Possibilmente
facoltoso, possibilmente straniero. Se russo o americano ancora meglio. Il business dei taxi abusivi può
fruttare migliaia di euro al giorno. Un racket neanche tanto velato che avviene sotto gli occhi delle centinaia
di persone che attraversano l’aerostazione a ridosso della zona franca che separa l’uscita dai controlli di
frontiera.
Molti di loro sono noleggiatori con conducente che non hanno i permessi per accedere lungo gli
stalli all’esterno del T3. Si dispongono in circolo e braccano l’ignaro turista. Con francesi, inglesi, e
giapponesi si può giocare al rialzo. Una corsa verso la capitale può costare più di cento euro. Chi accetta
viene accompagnato fin dentro il mezzo. Quasi scortato, per non farlo cedere alla tentazione di salire su
un’auto bianca. I taxi sono i nemici numero uno. E vice versa. La guerra reciproca si combatte ogni giorno
tra corse saltate e turni che si accavallano.
“Sul problema dell’abusivismo in Aeroporto interviene Daniele Saulli Presidente di Uritaxi Lazio”
LO SFOGO «Vogliamo solo il rispetto delle regole – si sfoga
Roberto, tassista a Fiumicino da 20 anni- c’è bisogno di legalità». «È una concorrenza sleale e scorretta –
gli fa eco Daniele, un suo collega- noi se cerchiamo la clientela riceviamo una multa da duemila euro,
mentre altri fanno quello che vogliono». Gli abusivi non fanno sconti a nessuno. «Gli italiani? ammette una
donna che organizza transfer e spostamenti poco trasparenti – con loro conviene lavorare solo se devono
andare fuori regione». Un viaggio Roma-Perugia arriva a seicento euro: 300 per l’andata e altrettante per il
ritorno. Solo a vederla da fuori, sembra una macchina che procede a tamburo battente. Domande,
pressioni, turisti inseguiti metro dopo metro. Il sistema ormai si è infiltrato all’interno dello scalo romano. La
polizia di frontiera e la guardia di finanza sono impegnate a trovare nomi e collegamenti. Voucher che
passano di agenzia in agenzia, clienti truffati e permessi dubbi. Il sottobosco irregolare non si ferma qui, ma
potrebbe anche nascondersi tra alcuni dipendenti aeroportuali che fanno assistenza ai passeggeri,
soprattutto a quelli che con difficoltà motorie atterrano al Leonardo da Vinci: «se ti chiedono un taxi, tu digli
che non conviene e li mandi da noi».
I FURBETTI Una complicità opaca. In cambio, una buona
percentuale. Così chi ha la licenza regolare da tassista aspetta fuori e perde clienti. Ma anche tra i tassisti
ci sono i furbetti. Per i radiotaxi, le soste autorizzate da prefetto e comune di Roma sono alle partenze del
T2, ma molti si appostano al terminal successivo oppure nell’ area adiacente al parcheggio dei pullman che
fanno la spola con Termini. Una terra di nessuno con pochi controlli. «Siamo esasperati – ribadisce Aldo,
anziano tassista dell’aeroporto – ecco anche perché qualcuno esce fuori di senno. Come è accaduto l’altro
pomeriggio. Ma i gesti dei singoli non rappresentano le intenzioni di tutti».
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Ultima modifica: 15 Gennaio 2016