“Nessun problema Taxi ma sciacallaggio vergognoso per favorire Uber”
Il doveroso rispetto per il profondo dolore che una donna vittima di una violenza possa provare, nonché quello per il corpo dell’Arma dei Carabinieri, il cui nome è tenuto alto dai tanti seri professionisti che quotidianamente, a rischio della propria vita, prestano servizio per la nostra comunità, ci ha fino ad oggi suggerito di dover tacere sul caso del presunto stupro di Firenze, essendoci delle indagini ancora in corso e una verità ancora da ricostruire.
Ma questo, i primi a ricordarlo dovrebbero essere proprio i giornalisti. Abbiamo taciuto, nonostante fin dalle prime ore si sia cercata una vergognosa connessione tra presunta assenza di taxi e presunto stupro. Però, la campagna che invero da un po’ di tempo il Corriere della Sera sta facendo contro gli operatori del settore taxi per favorire l’ingresso in Italia della multinazionale americana Uber, con l’articolo di ieri del vicedirettore Federico Fubini, ci obbliga a dover dire la nostra.
Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, quindi, la prima cosa da precisare, premettendo che non pare certo se la telefonata per il taxi sia davvero stata fatta e da chi, è che, da conoscitori del settore, a noi risulta ovvia una cosa: quella sera non vi è stato alcun problema nel reperimento di un taxi. Appena la giustizia avrà accertato questo elemento, il Corriere dedicherà, parimenti, quattro colonne di scuse ai tassisti fiorentini e italiani per la gratuita invettiva a cui ha dato spazio?
Se questa penosa connessione tra un presunto taxi assente ed un presunto stupro, non fosse un forzato sciacallaggio, allora, ogni qualvolta si fosse in attesa di un taxi, e durante la stessa capitasse il benché minimo disguido, la colpa sarebbe del taxi? E perché non dei bus, del car sharing o del bike sharing?
Ma più in generale, secondo noi, il Corriere ed alcuni altri giornali, da lungo tempo, non starebbero facendo altro che quello che l’economista Federico Caffè, nel settembre ’72, così magistralmente descrisse: “…l’accentuazione in senso pessimistico di una situazione che ovviamente non sia brillante ma nemmeno catastrofica, può essere una strategia efficace per modificare l’esistente ordine delle cose, allorché si faccia avanti un nuovo pretendente che reclama una fetta di potere”. Questo nuovo pretendente è ovviamente la multinazionale americana Uber, ma anche altre multinazionali straniere a cui certa stampa prepara quel terreno d’ingresso a cui noi ci opponiamo a tutela di un settore dove è il lavoro l’elemento caratterizzante, e dove dunque non devono essere consentite né pratiche speculative di sfruttamento dello stesso, né pratiche di sopruso (si pensi alla moltiplicazione dei prezzi che Uber pratica nei casi di alta domanda) nei confronti dell’utenza.
Ma il Corriere tutto questo non lo dice, e soprattutto, non dice ai propri lettori altre due cose: la prima, che la partecipazione del colosso finanziario BlackRock sia in Uber che in Intesa Sanpaolo, azionista a sua volta di Rcs, configura per il Corriere un manifesto conflitto d’interessi; la seconda, che per uno stupro che è ancora da accertare, il suo vicedirettore Fubini sta proponendo, come soluzione, una multinazionale soggetta ad una serie di indagini per svariate ipotesi di reato, tra cui la violazione della privacy e le ripetute accuse di stupro gravanti sui suoi driver (secondo The Indipendent, 32 in un solo anno a Londra), proprio perché ha un modello di business che per poter offrire bassi costi, sacrifica inevitabilmente la sicurezza degli utenti ed i diritti sul lavoro.
Ecco come si vorrebbe in realtà dare ordine al caos…
Claudio Giudici (Presidente Nazionale Uritaxi)
Roberto Cassigoli (per il Direttivo Nazionale Unica Taxi Cgil)
Ultima modifica: 15 Settembre 2017