Ieri le centrali radio taxi sono rimaste mute per dieci minuti, dalle 13 alle 13.10. Un’iniziativa simbolica dei tassisti fiorentini per tenere alta l’attenzione su Gino Ghirelli, il loro collega aggredito in piazza Beccaria un anno fa. Non è stato uno stop totale. I taxi hanno continuato a prendere i clienti alla stazione e negli altri posteggi della città, ma in quei dieci minuti di silenzio radio non sono state smistate nuove chiamate.
Non è la prima volta che le auto bianche si fermano per Gino. E’ successo al terzo mese dall’aggressione, quando i tassisti hanno sfilato in corteo, e al sesto. «Un atto dovuto», per il collega che è in coma da un anno e per la sua famiglia, ma soprattutto un atto sentito da tutta la categoria, che lo scorso anno aveva subìto a Firenze nove aggressioni fisiche in quattro mesi, una ogni due settimane. Quest’anno, fortunatamente, i casi di aggressione sono diminuiti, ma il pensiero dei tassisti va ancora a Gino, picchiato da due giovani di 23 anni che si sono rifiutati di pagare la corsa. Per i presunti responsabili, Nicola Fossatocci e Houman Abbasalizadeh, il pm ha chiesto il rinvio a giudizio. Mercoledì l’udienza preliminare.
«Questa iniziativa – commenta Claudio Giudici, presidente nazionale Uritaxi – è stata fatta per Gino, per sua moglie, per sua figlia, ma anche per tutti noi. Perché il lavoro del tassista, come tutti i lavori in generale, va rispettato. Invece troppo spesso siamo oggetto di violenze fisiche e psicologiche».
Un lavoro duro, specie durante la notte. Lo sa bene Giudici, che appunto lavora di notte. Se una ragazza ubriaca cade e si fa male, è il taxi che i passanti chiamano. Se c’è un giovane che vomita davanti ad un pub, è un taxi che i suoi amici chiamano. Così, la scorsa notte, hanno chiamato un taxi due straniere che hanno trovato una ragazza ubriaca che vagava per il centro storico con una creatura di quattro mesi nel passeggino. «Troppo spesso i turisti, ma anche certi locali, ai quali rivolgo un appello, pensano che il tassista abbia il compito di ripulire la città da ubriachi e personaggi molesti o poco raccomandabili. E’ un’idea sbagliata, risultato di un mix perverso tra cultura dello sfascio, cultura dell’indifferenza e un sistema di welfare inefficiente o inesistente», è la sua conclusione.
Ultima modifica: 13 Luglio 2018