L’Istituto Bruno Leoni sui taxi non sa o è in mala fede?
L’ing. Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni durante la trasmissione del 20 dicembre 2018, “Dentro i fatti – Roma bloccata” di TgCom24, ha fatto delle dichiarazioni incredibili sul settore taxi italiano, a cui purtroppo non abbiamo potuto replicare perchè il nostro presidente nazionale, Claudio Giudici, presente in collegamento esterno, è stato senza collegamento per buona parte della trasmissione.
VERSIONE DELL’ISTITUTO BRUNO LEONI |
LA VERITA’ DELLE COSE |
“C’è un problema di quantità dell’offerta taxi.” |
Secondo KPMG, il principale operatore al mondo di analisi: “L’offerta di taxi a Roma e Milano è in linea (con poche eccezioni) con quella delle altre principali città europee, sia in termini di numerosità, sia in termini di tariffe”. Non è un caso che per l’Istituto Piepoli l’indice medio di gradimento del servizio taxi italiano sia del 78%. A Roma, per l’esattezza, la densità di taxi ogni 10.000 abitanti è superiore di circa il 20% rispetto alla media europea (2,8 contro 2,4). |
“La disciplina oggi in vigore risale al 1992.” |
La legge è stata affiancata da nuove leggi prima nel 1997, poi nel 2006 col famoso decreto Bersani, e poi novellata nel 2009 e nel 2012. |
“L’n.c.c. risponde ad una chiamata mentre il taxi sosta in attesa di una chiamata a mano.” |
La differenza prima tra ncc e taxi è che mentre il primo sosta in rimessa, il secondo sosta su piazza (questo per differenti regole a tutela dell’utenza, gravanti solo sui taxi). Entrambi sono raggiungibili da molteplici forme di tecnologia in uso, e l’opzione di fermare un taxi con la mano è solo una delle tante possibilità oggi presenti. |
“L’ottimo per l’ncc è prevedere la validità nazionale della licenza.” |
Questo è l’ottimo solo per l’operatore non certo per il servizio complessivamente inteso. Infatti, chi opererebbe più nei piccoli comuni, nei centri più periferici, con un’autorizzazione (non una licenza!) nazionale? |
“Dal 2008 viene prorogato l’ingresso in vigore dell’art. 29, co. 1 quater per evitare un procedura d’infrazione europea sulla base di una lettera di messa in mora della commissione europea.” |
Secondo giurisprudenza consolidata l’art. 29 co. 1 quater, è sempre stato operativo dal marzo 2010, mentre la sospensiva ha sempre riguardato la fonte secondaria del decreto interministeriale, fino al decreto Lanzillotta del 2017; altresì non vi è mai stata alcuna lettera di messa in mora della Commissione europea a tale riguardo. |
Ultima modifica: 21 Dicembre 2018